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tumore del rene: terapie e trattamenti

Tumore del rene: terapie e trattamenti

A fronte di una diagnosi di carcinoma renale o carcinoma a cellule renali (RCC, Renal Cancer Carcinoma) è essenziale individuare la tipologia di trattamento da intraprendere. Per questo è molto importante affidarsi a un’equipe medica multidisciplinare, che generalmente è formata da un urologo, un oncologo medico, e un radioterapista oncologo, ma può vedere coinvolte anche altre figure.

Nel contesto del tumore al rene, l’intervento chirurgico rappresenta spesso il trattamento principale. Negli stadi più avanzati della malattia e/o in presenza di metastasi, si possono prendere in considerazione le terapie a bersaglio molecolare, l’immunoterapia o la somministrazione combinata di farmaci, oltre all’approccio chirurgico o la semplice osservazione.

La chemioterapia trova invece indicazione in un istotipo (un tipo di tumore) raro e molto aggressivo definito carcinoma renale dei dotti collettori o di Bellini – dove i dotti collettori sono, strutture del rene che si trovano nella porzione terminale dell’organo –, mentre la radioterapia può essere impiegata come palliativo o per il trattamento mirato di metastasi in specifiche sedi.

I markers sono sostanze facilmente rintracciabili nel sangue, che possono confermare e affinare la diagnosi di alcuni tipi di tumore. Attualmente, per questa patologia, non sono ancora disponibili marcatori (o markers) utili, tuttavia questi sono oggetto di studio da parte della comunità scientifica. In assenza di indicazioni specifiche sui marcatori è importante non indugiare e iniziare subito la terapia prescritta dagli specialisti, ricordando che per una migliore risposta ed efficacia dei trattamenti il fattore tempo è essenziale.

Come in tutte le terapie, i trattamenti antitumorali possono comportare effetti collaterali (anche detti comunemente effetti indesiderati o reazioni avverse), la cui intensità varia da persona a persona e sulla base del tipo di terapia adottata. Generalmente si tratta di effetti per lo più transitori, che diminuiscono o scompaiono qualche giorno dopo la somministrazione oppure, se ritenuto necessario dal tuo medico, con la sospensione della cura. In ogni caso, in presenza di sintomi o reazioni comparse dopo un intervento o un trattamento antitumorale, è fondamentale non trascurare il problema e fare riferimento al proprio medico.

Trattamento del tumore al rene: la pianificazione

Il percorso da seguire è definito dal team di specialisti, spesso coadiuvati da un anatomo patologo, uno psicologo, un nutrizionista, un fisioterapista e un infermiere specializzato nel trattamento dei pazienti oncologici.

Durante la pianificazione del trattamento, l’equipe considera fattori come:

  • le condizioni generali di salute del paziente e la sua età
  • la stadiazione della neoplasia
  • la presenza di altre patologie, ovvero di “comorbilità”
uomo giovane con fotografia di occhi in bianco e nero sugli occhi

La presenza contemporanea di altre patologie, definita comorbilità, è, per esempio, un elemento estremamente delicato perché può diventare una controindicazione all’asportazione chirurgica della massa tumorale e delle sue eventuali metastasi e all’assunzione di specifici farmaci. Durante il colloquio medico-paziente, il primo mette a servizio dell’interlocutore le sue competenze cliniche, mentre il secondo esterna dubbi, valori, aspettative, preferenze e propensione al rischio.

Il consenso informato

Il paziente non può essere sottoposto ad alcun tipo di trattamento senza previo consenso informato. Per questa ragione, lo specialista fornisce tutte le informazioni necessarie circa:

Dopo aver illustrato quanto sopra e risposto a eventuali domande, il paziente può firmare il modulo di consenso dichiarando così di aver compreso quanto gli è stato proposto e autorizzando l’equipe medica a mettere in atto i necessari trattamenti.

Prima di apporre la firma, è fondamentale che ogni singolo passaggio del colloquio sia chiaro e, per questo, non deve esserci alcun timore da parte del paziente nel chiedere ulteriori precisazioni.

In questa fase, è essenziale essere consapevoli di quanto accadrà e dei possibili effetti delle procedure e/o trattamenti.

L’intervento chirurgico

L’intervento al rene rappresenta, ove possibile, l’opzione terapeutica principale e spesso il trattamento necessario per raggiungere una possibile guarigione. Allo stato attuale, sono disponibili diversi approcci chirurgici ed è compito dello specialista decidere quale strada percorrere. Tra i fattori da considerare ci sono le dimensioni del tumore, l’eventuale presenza di metastasi, l’età del paziente e le sue condizioni generali di salute.

L’intervento per la rimozione del tumore del rene è la nefrectomia, effettuata con chirurgia tradizionale, con chirurgia laparoscopica o robotica.

In generale, tutti i tipi di chirurgia sono associati ad effetti collaterali, la cui intensità varia anche a seconda del tipo di intervento cui il paziente è stato sottoposto (se più o meno esteso e sulla base della tecnica utilizzata). Per conoscere bene i potenziali rischi e le reazioni cui si potrebbe andare incontro è bene parlare con il medico proprio prima dell’intervento chirurgico.

Il sintomo più comune che, nel caso di una nefrectomia effettuata con tecnica chirurgica tradizionale è dolore lieve nella sede dell’intervento e sul lato del corpo operato, può perdurare per diverse settimane dopo l’operazione.

Come in altre procedure chirurgiche, oltre al dolore possono comparire:

  • stanchezza
  • nausea o vomito causati dall’anestesia
  • dolore e/o gonfiore addominale
  • perdita di appetito

L’intervento al rene, inoltre, può essere associato a un basso rischio di complicanze post-operatorie, gestite dagli operatori in ospedale, fra cui quelle più diffuse sono:

  • infezione
  • emorragia
  • polmonite post-operatoria
  • reazioni allergiche agli anestetici

Nefrectomia

La nefrectomia è l’intervento di asportazione di un rene per un tumore o a causa di altre patologie. In relazione al quadro clinico e alla luce degli esiti degli accertamenti, può essere radicale o parziale.

La nefrectomia radicale comporta l’exeresi (ovvero l’asportazione completa) dell’organo, nella sua interezza, e dei tessuti adiposi circostanti. Può essere eseguita per via laparoscopica, robotica oppure mediante tecnica tradizionale, a cielo aperto, praticando un’incisione sul fianco o lungo la linea mediana.

La nefrectomia radicale è indicata in caso di tumori estesi.

Se la malattia si trova in uno stadio avanzato, il chirurgo può inoltre decidere di asportare i linfonodi prossimi all’organo per verificare l’eventuale presenza di cellule tumorali.

La nefrectomia parziale prevede la rimozione della sola massa tumorale e di una piccola porzione di rene sano, adiacente alla stessa, in modo da eradicare la malattia e salvaguardare la funzionalità renale residua.

Non si può, infine, escludere un esiguo rischio di insufficienza renale nei soggetti con pregressa e ridotta funzionalità renale.

Per quanto riguarda invece il decorso post-operatorio della nefrectomia, il paziente, in genere, può tornare a casa dall’ospedale nell’arco di pochi giorni fino a circa 7-10 giorni, in relazione alla tipologia di intervento subito. In questa fase delicata, deve attenersi strettamente alle indicazioni del proprio medico e riposare, osservando alcune buone norme di comportamento, come ad esempio astenersi dal sollevamento di carichi pesanti e attività faticose.

Nel complesso, la nefrectomia costituisce comunque il principale trattamento per il carcinoma renale e spesso l’unico trattamento per raggiungere una possibile guarigione.

Tuttavia, coloro che hanno subito una nefrectomia radicale sono più inclini, avendo un solo rene, a sviluppare la malattia cronica renale, che a sua volta rappresenta un fattore di rischio per possibili complicanze cardiovascolari.

Nei pazienti che si sono sottoposti ad una nefrectomia soltanto parziale, e non radicale, il beneficio di avere due reni funzionanti contribuisce alla migliore salute renale e dunque alla salute generale.

L’intervento in chirurgia laparoscopica

La nefrectomia può essere eseguita in laparoscopia, cioè con una tecnica chirurgica mini-invasiva che permette al chirurgo di accedere alla cavità addominale tramite alcune piccole incisioni evitando così grandi tagli. Attraverso questi accessi, vengono introdotti gli strumenti operatori e il rene viene isolato per essere poi operato.

La chirurgia laparoscopica consente di:

  • attenuare il dolore post-operatorio
  • ridurre i tempi di recupero
  • avere cicatrici molto piccole

La chirurgia robotica

Nell’intervento di nefrectomia robotica, il chirurgo pratica alcune piccole incisioni sull’addome del paziente per inserire, attraverso queste, gli strumenti operativi e la telecamera nella cavità addominale. Dopo aver individuato la massa da asportare e la vascolarizzazione del rene, si chiude temporaneamente l’arteria renale e si asporta il tumore. Si sutura e si riattiva la circolazione.

A differenza della tecnica laparoscopica, le apparecchiature vengono manovrate da un robot guidato dal chirurgo che lavora, a sua volta, a distanza su una consolle.

La chirurgia robotica offre diversi importanti vantaggi:

  • visualizzazione 3D in alta definizione dei distretti anatomici
  • riduzione dell’invasività
  • maggiore rapidità di compimento delle procedure
  • esecuzione, tramite la consolle, di oltre 400 movimenti con la conseguente possibilità di portare a termine un intervento di alta precisione con una contenuta perdita ematica

L’embolizzazione

L’embolizzazione è una procedura di radiologia interventistica, minimamente invasiva, volta a interrompere l’afflusso di sangue al carcinoma renale.

L’operatore inserisce, in sede inguinale, un catetere nell’arteria femorale e lo conduce, sotto guida radiografica, verso l’alto. Dopo aver attraversato le arterie iliache e l’aorta, l’estremità del catetere viene inserita direttamente nell’arteria che alimenta il rene. Viene quindi iniettata una sostanza che arresta il flusso ematico al tumore attraverso l’arteria renale.

L’embolizzazione del carcinoma renale è indicata nei seguenti casi:

  • trattamento preoperatorio del tumore al rene per scongiurare, in fase di resezione chirurgica, eventuali emorragie
  • trattamento della neoplasia renale non idonea all’intervento chirurgico

Questa procedura, pur essendo mini-invasiva, può comunque essere associata ad effetti collaterali e rischi di complicanze, quali:

  • ematomi
  • embolizzazione accidentale di aree non da trattare
  • nausea, vomito e febbricola, associate alla procedura, che regrediscono spontaneamente o con semplici trattamenti farmacologici

La termoablazione per il tumore al rene

Questa terapia prevede l’uso di temperature molto calde o molto fredde, che distruggono le cellule tumorali grazie a tecnologie e sistemi basati sul raggiungimento del tumore mediante un ago sottile.

Dopo l’intervento

Nei giorni successivi all’intervento al rene, il paziente viene posto in piedi il prima possibile in modo tale da prepararlo alle dimissioni.

La durata della degenza varia in relazione al tipo di operazione eseguita. Per interventi di chirurgia laparoscopica o robotica, il tempo di permanenza in ospedale è compreso tra 3 e 4 giorni. In caso di nefrectomia tradizionale a cielo aperto, si rimane invece generalmente ricoverati fino a 7-10 giorni.

In fase post-operatoria, il paziente può accusare dolore o fastidio in corrispondenza della ferita. Questi malesseri possono durare qualche settimana e sono gestibili seguendo le indicazioni del proprio medico di riferimento. Nei primi giorni, l’area trattata può anche apparire livida e gonfia per l’accumulo di sangue o linfa. Entrambe le manifestazioni regrediscono spontaneamente, generalmente, nell’arco di un breve periodo di tempo.

Rientrato a casa, il paziente dovrà affrontare un periodo di convalescenza in modo da riacquistare le forze fisiche e psicologiche. Segue, quindi, una visita di controllo di routine, la cui tempistica verrà concordata con il medico, nel corso della quale viene generalmente formulata la diagnosi definitiva comprensiva della stadiazione in cui si trova il tumore. Quest’appuntamento è molto importante perché è l’occasione giusta per riferire possibili disturbi post-operatori, esternare eventuali dubbi e decidere come procedere.

In seguito all’intervento chirurgico, e in generale durante la malattia, può capitare di provare dolore, di intensità ed estensione variabile: in tutti questi casi è importante consultare il proprio medico, che potrà indirizzare al meglio il paziente al fine di gestire questa problematica con terapie e soluzioni specifiche.

Le terapie a bersaglio molecolare

Nel carcinoma renale, quando sono presenti o si sviluppano metastasi, si possono prendere in considerazione le terapie a bersaglio molecolare (anche chiamate terapie mirate o farmaci intelligenti). Queste terapie, che rappresentano un’importante frontiera della medicina personalizzata, agiscono su un bersaglio (di solito un recettore – una proteina) espresso in misura maggiore sulla superficie o all’interno delle cellule tumorali.

La terapia, pertanto, non è più scelta solo ed esclusivamente in funzione del distretto anatomico sede del tumore, ma anche in rapporto a parametri molecolari che variano da caso a caso.

In linea generale, le terapie a bersaglio molecolare bloccano l’azione del bersaglio, ovvero del recettore, arrestando così la crescita delle cellule tumorali. In altri casi, il farmaco è diretto invece contro un altro componente, quale la molecola che si lega al recettore per attivarlo.

A differenza della tradizionale chemioterapia, queste terapie agiscono in modo più mirato su una molecola o su un processo associato alle cellule malate senza colpire (o almeno colpendo in maniera ridotta) quelle sane, limitando così gli effetti indesiderati.

Tuttavia, possono comunque comparire alcuni sintomi, tra cui:

È fondamentale segnalare tempestivamente la comparsa di questi sintomi al proprio medico di riferimento che studierà la migliore strategia personalizzata per gestire al meglio la situazione in sicurezza.

L’immunoterapia per il tumore al rene

L’immunoterapia per il tumore del rene costituisce un’ulteriore arma, insieme alle terapie a bersaglio molecolare, per affrontare la malattia, ad oggi, negli stadi più avanzati. Questo trattamento rappresenta l’ultima frontiera nella lotta contro il cancro dopo terapie più classiche, quali per esempio la chemioterapia e la radioterapia.

A differenza dei trattamenti antineoplastici tradizionali, che si concentrano sulle cellule tumorali in sé, il target dell’immunoterapia è rappresentato dal sistema immunitario. Quest’ultimo viene stimolato in modo tale da consentirgli di riconoscere e attaccare in modo selettivo le cellule malate, innescando una risposta contro il tumore. I farmaci vengono solitamente somministrati in vena e possono causare degli effetti collaterali che devono essere gestiti seguendo le indicazioni del proprio medico di riferimento.

Una delle strategie utilizzate nell’ambito dell’immunoterapia riguarda l’impiego di farmaci che rientrano nella famiglia dei cosiddetti inibitori dei check point immunitari.
I check point immunitari sono particolari molecole, prodotte dal nostro organismo, che frenano la risposta immunitaria e che però allo stesso tempo impediscono al sistema immunitario di reagire contro il cancro.
I farmaci di questa famiglia, utilizzati anche per il carcinoma renale, inibiscono i check point immunitari, dunque “tolgono il freno” al sistema immunitario, libero finalmente di combattere anche il tumore.

Tra gli effetti collaterali più comuni dell’immunoterapia ritroviamo:

Altri effetti comuni legati all’immunoterapia riguardano reazioni autoimmuni, per la cui gestione esistono apposite linee guida.

È fondamentale segnalare tempestivamente la comparsa di questi sintomi al proprio medico di riferimento che studierà la migliore strategia personalizzata per gestire al meglio la situazione in sicurezza.

La radioterapia

La radioterapia è un trattamento basato sull’uso di radiazioni ad alta energia dirette verso il tumore, che serve ad eliminare le cellule tumorali cercando allo stesso tempo di risparmiare quelle sane.

Può essere impiegata come trattamento palliativo nella gestione dei sintomi della malattia in stadio avanzato oppure per aggredire specifiche sedi di metastasi; non rappresenta però un trattamento d’elezione per il carcinoma renale, a causa della minore sensibilità di questo tumore nei confronti delle radiazioni rispetto ad altre neoplasie.

Tuttavia, ci sono prospettive di applicazione con la cosiddetta radioterapia stereotassica (SBRT), una tecnica che consente di superare questa scarsa sensibilità e somministrare elevate dosi di radiazioni dirette verso piccoli target tumorali distruggendoli mediante la necrosi tumorale.
Tra i candidati ideali della SBRT ci sono gli anziani e i soggetti con carcinoma renale primario che, a causa di diverse ragioni, non possono sottoporsi all’intervento chirurgico.
In caso di carcinoma a cellule renali oligometastatico, ovvero con lesioni metastatiche limitate per numero e sede, la SBRT sembra essere molto promettente per eradicare la malattia metastatica e procrastinare il trattamento sistemico.

La radioterapia può causare effetti collaterali la cui entità dipende dalla dose di radiazioni e dalla durata del trattamento. Fra le reazioni più comuni ci sono:

E’ importante, soprattutto nel caso in cui i disturbi persistano, informare il radioterapista o il proprio medico di riferimento per trovare la strategia di gestione più corretta.

La chemioterapia

La chemioterapia per il trattamento del carcinoma renale prevede la somministrazione, per via endovenosa o orale, di farmaci antitumorali in grado di annientare le cellule malate inducendone la morte (con un’azione detta citotossica).
Il tumore del rene è però estremamente resistente alla chemioterapia e attualmente non ci sono indicazioni chiare rispetto all’impiego di questo trattamento. Solo particolari tumori rari, quali il carcinoma renale dei dotti collettori, vengono trattati con la chemioterapia.

Nella chemioterapia i farmaci agiscono non soltanto sulle cellule malate, ma anche su quelle sane, e questo può comportare vari effetti collaterali.
Tra gli effetti indesiderati e più frequenti della chemioterapia si segnalano:

L’ormonoterapia

L’ormonoterapia (o terapia ormonale) consiste nella somministrazione di farmaci atti a contrastare l’attività degli ormoni che stimolano la crescita della neoplasia.
Allo stato attuale, il carcinoma renale non sembra però rispondere all’ormonoterapia, seppure per diverso tempo gli scienziati l’abbiano ritenuta una strategia percorribile.

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