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HIV e la salute mentale

Grazie alle terapie antiretrovirali l’aspettativa di vita delle persone con HIV è nettamente migliorata in questi ultimi 20 anni ed oggi possiamo a tutti gli effetti considerarla una patologia cronica. Invecchiare con l’HIV è possibile, così come è possibile avere una buona qualità di vita, purché si intervenga tempestivamente per gestire comorbidità, in particolare nell’eventualità in cui si registrino cambiamenti nel proprio quadro lipidico, nel peso, nel sonno, nell’umore. Una aumento eccessivo del peso nelle persone che vivono con HIV è associato ad un aumento del rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari e metaboliche; in particolare, obesità, diabete e ipertensione potrebbero contribuire anche al deterioramento neurocognitivo.

Icona insonnia

Insonnia e HIV

Le persone che vivono con l’HIV soffrono di un carico sostanzialmente maggiore di disturbi del sonno, compresa l’insonnia, rispetto alla popolazione generale. Alcuni studi hanno stimato che fino al 70% delle persone con HIV sperimentano l’insonnia ad un certo punto durante la loro malattia, mentre nella popolazione generale è tra il 10 e il 40%.

Tra i fattori che contribuiscono all’insonnia, si ipotizza non solo lo stress per una malattia fisica verso la quale tuttora persiste un forte stigma sociale, potenzialmente pericolosa per la vita, ma anche una correlazione con l’infezione da HIV in sé, che potrebbe influire sui centri biologici del sonno. Altri fattori aggravanti riguardano gli effetti collaterali delle terapie, l’incidenza di infezioni opportunistiche, l’eventuale demenza associata all’HIV e umore depresso persistente.

È fondamentale non trascurare l’insonnia perché potrebbe anche impattare negativamente sull’aderenza alla terapia. Infatti, uno studio ha dimostrato che il 10% delle persone che non seguivano correttamente la terapia avevano riportato l’insonnia come ragione alla base della mancata aderenza al trattamento. Ma non solo, l’insonnia e i disturbi del sonno in generale, possono indicare un aumento del rischio di depressione, dolore e abuso di sostanze.

Inoltre, l’insonnia è associata ad un aumento del rischio di malattie cardiovascolari e potrebbe avere un ruolo nell’aumentata incidenza di infarto del miocardio nelle persone con HIV.

Icona depressione

HIV e depressione

La depressione è un disturbo della salute mentale molto diffuso nella popolazione generale. Per rendersi conto dell’entità del fenomeno basta pensare che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità i disturbi depressivi hanno causato complessivamente oltre 50 milioni di anni vissuti con disabilità. Il problema è ancora più sentito fra gli individui che vivono con l’HIV, di cui, secondo alcune stime, ben il 39% soffre o ha sofferto di depressione. In queste persone la depressione può peggiorare gli stati di malattia esistenti e incidere negativamente sulla qualità della vita.

Ricerche precedenti hanno rivelato che la depressione non solo è associata a carichi virali dell’HIV più elevati e a un numero inferiore di cellule CD4, ma anche che accelera la progressione verso l’AIDS e aumenta il rischio di mortalità.

Inoltre, è stato riportato che la depressione riduce l’aderenza alla terapia antiretrovirale (ART), indebolisce i suoi effetti terapeutici e compromette gli esiti dei trattamenti.

In generale, dato che alcuni  farmaci antidepressivi possono contribuire ad un aumento del peso come effetto collaterale, è importante tenere conto di questo aspetto nella scelta e nella gestione del trattamento farmacologico antidepressivo, qualora necessario. Questo perché i pazienti con HIV e in terapia antiretrovirale sono già, per le caratteristiche dell’infezione e delle terapie associate, a rischio di un significativo aumento di peso.

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Disordini a carico del sistema centrale e HIV

Sono davvero molte le motivazioni per le quali le persone con HIV sono più vulnerabili dal punto di vista mentale e possono sviluppare uno stato mentale alterato, una condizione associata a specifici traumi o disturbi cronici che causa una modifica dello stato di coscienza e del comportamento. L’aumento del rischio di questa condizione può essere legato allo stesso virus dell’HIV e alla disfunzione immunitaria che lo accompagna, oppure alla presenza di importanti malattie sistemiche, disturbi psichiatrici e a regimi farmacologici complessi che la persona deve seguire.

È ormai noto che le terapie antiretrovirali combinate (ART) si sono dimostrate efficaci nel ridurre le infezioni opportunistiche del sistema nervoso centrale ed il rischio di demenza associata all’HIV anche se, evidentemente, non in modo assoluto. È utile ricordare che prima che la terapia antiretrovirale diventasse lo standard di cura, circa la metà delle persone con infezione da HIV sviluppava una malattia del sistema nervoso centrale o periferico. Dopo l’introduzione della terapia antiretrovirale l’incidenza della demenza è diminuita. E questo è dimostrato anche dal fatto che le persone con HIV non diagnosticata o non trattata possono presentare disordini del sistema nervoso centrale.

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Demenza da HIV

La demenza associata all’HIV, contrariamente a quanto avviene con le altre forme di demenza, tende a manifestarsi in età giovanile, solitamente in modo silenzioso per poi progredire. Le terapie per l’HIV possono migliorare la funzione mentale ma non guariscono dalla demenza e restano fondamentali perché altrimenti la demenza può essere fatale. Inoltre, una conta molto bassa dei CD4 e una carica virale elevata aumentano il rischio di sviluppare infezioni cerebrali, linfoma e demenza HIV correlata.

Secondo un’ampia revisione, un danno neurocognitivo asintomatico si manifesta circa nel 23,5% di tutti i casi di HIV, un declino cognitivo lieve (MCI) nel 13,3%, mentre la demenza nel 5%: queste cifre dimostrano che il carico delle problematiche associate al danno cognitivo è alto. I primi sintomi nelle persone con HIV sono rallentamento del pensiero e dell’espressione, difficoltà di concentrazione, apatia e una diminuzione delle capacità motorie. In alcune persone con il tempo si può sviluppare una psicosi.

La parola dell’esperto

Professor Giovanni Guaraldi, infettivologo della Clinica metabolica dell’Università di Modena e Reggio Emilia risponde ai dubbi sul tema del cambio di peso in associazione al virus dell’HIV.

  • Comorbidità: presenza contemporanea nello stesso soggetto di due o più malattie.
  • Dislipidemia: consiste nell’aumento del colesterolo plasmatico, dei trigliceridi, o di entrambi, o in un basso livello di colesterolo HDL che contribuisce allo sviluppo di aterosclerosi.
  • Terapia antiretrovirale: Trattamento per infezione da HIV che si basa su una combinazione di più farmaci, detti antiretrovirali perché perché il virus HIV appartiene alla famiglia dei retrovirus.
  • Malattie cardiovascolari: Patologie cui fanno parte le malattie ischemiche del cuore, come l’infarto acuto del miocardio e l’angina pectoris, e le malattie cerebrovascolari, come l’ictus ischemico ed emorragico.

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