Conosciamo la storia di Marina
Mi chiamo Marina, ho 57 anni, insegno Greco e Latino in un liceo della mia città. Vivo con mio marito 3 gatti e 2 cani in una cascina che appartiene alla mia famiglia ormai da generazioni.
All’improvviso sono cominciati i dolori al ventre. Da togliere il fiato. Improvvisi. Prima la notte, dal nulla, tanto che ho creduto di averli sognati. Poi più di frequenti. Ho chiamato la mia dottoressa che mi ha consigliato un antidolorifico …è durato 48 ore. Ancora dolori. Ho richiamato. Mi ha fatto capire che stavo sovrastimando il tutto. Ma io mi so ascoltare e sentivo, sapevo che c’era qualche cosa di anomalo… dopo una ricerca su internet ho chiesto di fare un esame delle urine per vedere se erano presenti tracce di un possibile tumore.
Avevo riscontrato la presenza di sangue nelle urine e da un mese andavo spesso al bagno; di solito ero capace di trattenere la pipì anche tutto il giorno. Ero svogliata e agli esami i miei valori sono evidentemente alterati. La mia dottoressa ancora una volta minimizza … vuole che parli con un’urologa. Altra ricerca. Senza il conforto di qualcuno che mi dicesse con chiarezza che cosa avevo. Sapevo che il suo nome era CARCINOMA UROTELIALE.
Avrei voluto essere ASCOLTATA, creduta, volevo sapere, e, se comprensibilmente fossero stati necessari altri esami ed approfondimenti, benissimo, avrei voluto sapere quali avrebbero potuto essere gli scenari. Sono stata bussola di me stessa. E quello che ho scoperto è stato desolante. Il mio medico di base, un’amica a cui voglio bene, in primis … l’urologo in seconda istanza. Abbiamo bisogno di ascolto, franchezza e condivisione.
Da allora non ho più smesso di leggere, cercare e domandare. Quando una risposta non mi soddisfa, non desisto, chiedo e se ho dubbi studio e la volta successiva chiedo in maniera ancora più puntuale.
Quando la chirurgia si è resa necessaria ho messo insieme ciò che avevo studiato e ciò che mi era stato raccontato. Ho deciso che mi sarei fatta operare da quel medico e in quel preciso ospedale. Avevo già cominciato vicino a casa i cicli di chemioterapia che tanto l’urologo, quanto l’oncologo mi avevano consigliato. Questa fastidiosa procedura era la strada migliore per garantire una buona riuscita, a lungo termine, dell’intervento.
Ho ascoltato quanto il chirurgo avesse da dirmi, pur prospettandomi le due strade, stomia e neovescica, optava per la prima. Ma ha assecondato il mio desiderio per la neovescica.
Ho perso 9 kg prima dell’intervento. Nonostante i dolori mi accompagnassero a fasi alterne da mesi mi sono obbligata a camminare: 50 minuti, due volte al giorno. Peso forma e attività fisica potevano tanto agevolare la chirurgia quanto ridurre i tempi di recupero. Così mi era stato detto, così ho fatto.
Io e la mia neovescica abbiamo imparato a convivere. Le sedute di fisioterapia post operatoria per la riabilitazione del pavimento pelvico, gli esercizi di respirazione, l’ascolto sono serviti. Ho imparato a conoscere i “nostri” tempi, a capire la mia nuova autonomia ed organizzare le visite alla toilette con regolarità senza che vi fosse naturalmente nessuno stimolo, tutt’al più una lieve tensione addominale data dal gonfiore di quello che fu un pezzo del mio intestino e che ora si industriava ad essere vescica.
Insomma, abbiamo imparato a convivere e… come dicevano gli antichi greci: è buono anche il pane dopo il pane. Ovvero: è buona anche una seconda porzione – in questo caso di vita – dopo la prima.
Marina